Pizza a Roma migliore se Dar Poeta

di Gianni Puglisi Commenta

Pizza a Roma davvero buona se Dar Poeta a Trastevere. C’è sempre un po’ da attendere ma, credeteci, ne vale la pena. Bassa, un po’ alta, croccante e non: come la mettete cascate sempre bene. Dalla Lingua de Foco alla semplice focaccia, dalla Funghi alla Zucchine, passando per la Parmigiana.

Servizio solo all’apparenza frettoloso, i ragazzi e le ragazze dello staff vedono e prendono nota di tutto con rapididità insolita per una città come la nostra. Nella quale, non stancheremo mai di scriverlo, la media del servizio è di qualità sotto standard. Qui, invece, non c’è una volta che restiamo delusi. Siamo stati in mezzo la settimana e tutto è filato liscio. Ok. si obietterà, nei giorni feriali l’atmosfera è più raccolta, non c’è la ressa del weekend e chi lavora è meno stressato. Giusta osservazione: allora ci siamo tornati di sabato sera alle…21! In piena bolgia. Il risultato, credeteci, non è mutato. L’attesa non si è protratta oltre i 20 minuti e dopo prenotazione. Chiamano loro e dovete essere rapidi. Però una volta entrati vi servono quasi subito dopo aver deciso in base al menu che più vi interessa. A proposito: vi consigliamo anche i calzoni dolci.

La locanda, sì perché è una locanda, è ricca di storia e si ispira alle poesie del romano Gioacchino Belli. Tutto intorno alle pareti, infatti, è un insieme di stornelli, scritti e ragionamenti del sommo sul mangiare e sul mondo ‘de ‘na vòrta’. La pizza, all’epoca, era poco propagandata. Ma ormai è un must. Ecco: proprio sul romanesco, allora, di seguito ci è parso giusto riportare un tema a caso trattato dal Belli: l’educazione. In versione romanesca e poi con la traduzione.

 Photo Credit| ilditonellamarmellata

Pizzerie a Roma

Dar Poeta
Vicolo del Bologna, 45

 

 

L’ADUCAZZIONE

Fijo, nun ribbartà  mai tata tua:
Abbada a tte, nun te fà mette sotto.
Si quarchiduno te viè a dà un cazzotto,
Là callo callo tu dajene dua.

Si ppoi quarcantro porcaccio da ua
Te ce facessi un po’ de predicotto
Dije: “De ste raggione io me ne fotto:
Iggnuno penzi a li fattacci sua”.

Quanno giuchi un bucale a mora, o a boccia,
Bevi fijo; e a sta gente buggiarona
Nun gnene fà restà  manco una goccia.

D’esse cristiano � ppuro cosa bona:
Pe questo hai da portà ssempre in zaccoccia
Er cortello arrotato e la corona.

Roma, 14 settembre 1830

L’EDUCAZIONE

Figlio, non far mai torto al tuo babbo,
Bada a te stesso, non ti far prevaricare.
Se qualcuno viene a darti un pugno,
Tu là per là dagliene due.

Se poi qualche altro maiale
Ti facesse un po’ di predica,
Digli: “Di queste ragioni io me ne infischio:
Ognuno pensi ai fattacci propri”.

Quando scommetti un boccale a morra 1, o a bocce,
Bevi, figlio; e a questa gente stolta
Non farne restare nemmeno una goccia.

Anche l’essere cristiano  buona cosa:
Per questo devi portare sempre in tasca
Il coltello affilato e il rosario.

Roma, 14 settembre 1830

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non verrà pubblicato.

You may use these HTML tags and attributes: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.