Come fece Carlo Stefanel ad affermarsi come un big partendo da un semplice maglificio del trevigiano negli anni Cinquanta? “Grazie ai soldi in un amico che non finirò mai di ringraziare”, è scritto a chiare lettere sul sito dell’azienda. Poi, però, ci mise del suo e per affermare il marchio Stefanel passò davvero molta acqua sotto i ponti.
Come quando nel 1947 e per i successivi dieci anni, il neppure trentenne Carlo inforcava la bicicletta e pedalava fino a San Donà di Piave, Conegliano, Portogruaro, San Stino di Livenza e Treviso. Tutto, ma proprio tutto, pur di partecipare ai mercati settimanali. “Su una bancarella di meno di due metri vendevo lana a peso, gomitoli di prodotto grezzo, da uno o più fili del tipo detto ‘casalina’. Lavoro duro allora, ma mi consentì di muovere i primi passi in avanti”, commentava entusiasta nel corso delle sue interviste. Tanto che dal manubrio passò presto al volante di una ‘Balilla’ a tre marce, rifatta a camioncino, per spostarsi da una cittadina all’altra. Un po’ come avviene oggi nella maggior parte delle frazioni di parecchie comunità montane italiane, quando alla domenica arriva il camioncino che vende pane oppure, appunto, maglioni.