Douglas a Roma è in crisi: la catena di profumerie rischia di dover chiudere ben 14 punti vendita, a dimostrazione che anche le catene internazionali, reputate generalmente più forti, non stanno superando indenni la pandemia di coronavirus.
Chiusure previste ma difficili
Una ipotesi di chiusura, quella legata ai negozi Douglas, che aleggia da diverse settimane per la Capitale: si è sperato fino all’ultimo che le cose potessero risolversi ma senza successo: la società tedesca ha fatto sapere che saranno 14 le profumerie che chiuderanno nella Capitale, ben quattro in più rispetto all’annuncio arrivato la scorsa settimana. E da quanto si è stati in grado di ricostruire, la maggior parte delle chiusure riguarderanno proprio i punti vendita presenti nelle vie dello shopping.
Come già accaduto con il negozio Douglas di Fiumicino a febbraio. In tutto sono circa sessanta i lavoratori a rischio con questa chiusura. Come ha commentato la segretaria territoriale della Fisascat-Cisl di Roma Capitale e Rieti, Giulia Falcucci:
Purtroppo, come temevamo, piove sul bagnato: ai dieci punti vendita per cui Douglas aveva previsto la chiusura su Roma, (Fiumicino già chiuso) se ne sono aggiunti altri quattro. La nostra preoccupazione sale per i molti lavoratori, per lo più donne, le cui prospettive non si fanno rosee, peraltro in un comparto in forte crisi a causa della pandemia. Occorre trovare soluzioni concrete a tutela di molte famiglie, che stanno vivendo un momento di forte tensione. Non sarebbe accettabile lasciare queste lavoratrici e lavoratori senza alcuna forma di tutela e prospettiva.
La pandemia di coronavirus infatti non solo è da considerare parte in causa nella crisi ma è anche un impedimento nel trovare una soluzione corretta.
Problemi per Douglas in tutta Italia
Se la situazione per le profumerie Douglas a Roma sfiora la tragedia, non di meno lo è ciò che sta accadendo con il marchio in tutta Italia: nella penisola sono infatti 128 negozi che rischiano di chiudere, lasciando a casa 346 lavoratori. Lo stato di agitazione è stato già proclamato a livello nazionale mentre i sindacati stanno tentando ancora una volta la strada delle trattative. Come hanno fatto sapere ancora dalla Fisascat-Cisl:
Il management ha dichiarato che l’individuazione degli store oggetto della decisione unilaterale è dato dall’analisi comparativa dell’andamento dell’ultimo biennio di ciascun punto vendita, accentuata dall’emergenza Covid 19. La direzione ha poi posto l’accento sul tema degli approvvigionamenti, sulla necessità di una maggiore liquidità per favorire l’e-commerce nonché sull’impatto dei canoni di locazione sulle scelte del gruppo in Italia.
Questo non significa che non si stia facendo qualcosa per salvaguardare i lavoratori: l’azienda tedesca ha infatti sottoscritto accordi di riservatezza con sei diversi operatori del settore che hanno manifestato interesse a subentrare in alcuni spazi dove oggi opera il brand tedesco.