Space Invaders, ve lo ricordate? Chi ha più di di trent’anni certo che sì: schermo nero e la vostra navicella che, dal basso, spara a più non posso contro orde di alieni invasori tutti belli allineati e che scendono verso di voi ogni secondo che trascorre. L’unica salvezza sta nel muretto di protezione dietro al quale dovete rifuggiarvi per non farvi beccare. Provate a giocarci qui per un istante e, d’incanto, tornerete bambini.
Beh, per farla breve lo sapete che, da quest’estate, sulle facciate di molti palazzi a Roma sono comparsi proprio loro? Sì, ragazzi: le faccine (ora colorate, ma all’epoca del videogame era tutto in bianco e nero) degli invasori stanno scendendo sempre più verso terra. Non è uno scherzo, ma assoluta verità.
In realtà la questione è molto semplice, perché si tratta di una rivoluzione pop che porta gli artisti capitolini del Terzo millennio ad appiccicare i loro mosaici un po’ ovunque. Dentro c’è arte, sì, ma anche grafica. Un esercizio con cui si discettano artisti/writers che si ispirano a Banksy e Blue, senza dimenticare il pioniere della forma d’arte così come la conosciamo, Keith Haring.
Ma, tornando nella capitale, è mai possibile che dentro la città eterna si possa fare anche questo? Non è che, si è già chiesto qualche passante, incredulo di fronte all’opera, adesso sono diventati tutti novelli Marinetti (il fondatore del Futurismo) o Cecchini (quello delle palline colorate nella Barcaccia di Piazza di Spagna, tanto per intenderci) e prendono in giro proprio la nostra Roma mentre fanno i soldi?
Mica tanto. Se lo spettatore sapesse che è tutta una trovata di marketing per annunciare l’imminente mostra dedicata proprio a Space Invaders, addirittura organizzata dall’Associazione Wunderkamme, con il progetto Living Layers condiviso con il Macro e il Municipio Roma 6, allora starebbe più tranquillo.
La street art è ormai una realtà affermata dell’arte e le ‘creaturine’ di Tomohiro Nishikado, l’inventore del videogioco giapponese, e l’artista in incognito, nome d’arte “Space Invaders”, non fanno altro che portarci indietro nel tempo. Con gusto e genialità. Dunque, quando passate sotto a un ponte e vedete il faccino colorato dell’alieno, non vi spaventate: alla fine di ottobre pensate che ci sarà addirittura la relativa mostra e lì sì che si potrà parlare di invasione.